imagesCome saprete, con il termine claustrofobia si indica la paura provata da alcune persone nel rimanere in spazi chiusi, come ad esempio ascensori, autobus, aerei, gallerie, e qualsiasi altro luogo ristretto, in cui è difficile intravvedere una via d’uscita. Nonostante tanti non siano al corrente di questo dato, oggi si stima che questo tipo di fobia è tra le più diffuse nella popolazione. Chiaramente si manifesta in maniera differente da un individuo all’altro, pertanto se in alcuni casi non è invalidante, in molti altri condiziona in maniera significativa la vita quotidiana creando una serie di limitazioni.

Quanto alle cause della claustrofobia, in realtà esse non sono sempre facilmente individuabili. Gli stessi studiosi non sono ancora riusciti a trovare un punto d’incontro: per alcuni tale fobia si sviluppi a seguito di un episodio traumatico del passato, vissuto sia in prima persona che ascoltato da terzi), mentre per altri l’origine è di tipo familiare, e dunque la claustrofobia avrebbe delle cause ereditarie.

I sintomi con cui si manifesta sono quelli tipici delle fobie. La persona claustrofobica quando si scatena un episodio di crisi vive un vero e proprio attacco d’ansia, per alcuni versi simile ad un attacco di panico. Si avverte una sensazione di soffocamento, il battito cardiaco accelera, si provano poi tremore, vertigini e nausea. Al contempo la bocca si secca e si può sentire anche un formicolio alle mani ed alle braccia. Tutto ciò si verifica quando la persona claustrofobica è appunto all’interno di uno spazio chiuso. Di solito solo  quando si riesce ad uscire dal luogo chiuso in cui ci si trova la crisi si placa.

Ma cosa può fare chi è claustrofobico per superare il problema? L’aiuto terapeutico è sicuramente la strada ad oggi più valida da percorrere. Sono diverse le tecniche terapeutiche per il trattamento di questa fobia che si sono rivelate utili. Tra queste la desensibilizzazione sistematica e l’esposizione dal vivo. Chiaramente si tratta di definizioni che ai più non diranno nulla, ma sono in realtà metodi ritenuti efficaci dai terapeuti. Quanto a farmaci come ansiolitici o antidepressivi, possono talvolta essere utili, ma deve essere sempre e solo il medico a prescriverli.

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