Negli ultimi anni si è parlato molto di anoressia, e molto spesso in maniera sbagliata. A volte si è fatto intendere che l’anoressia è una sorta di capriccio che colpisce delle ragazze che sognano di diventare modelle o ballerine. Ma non è così: l’anoressia è una vera e propria malattia, che può portare anche alla morte, e che, anche se si rende evidente nel corpo, ha le sue cause nel cervello. Difficile dire cosa effettivamente scatta nella mente di una persona per portarla progressivamente a rinunciare al cibo.
Solitamente si inizia con una semplice dieta dimagrante fai da te, fino a quando inconsapevolmente si innesca un vero e proprio circolo vizioso da cui è difficile uscire. Si inizia ad avere paura di riprendere i chili persi, per questo la dieta diventa sempre più rigida, si eliminano via via tutti quegli alimenti che si considerano pericolosi per la propria linea, fino a quando quest’attenzione per il cibo diventa una vera ossessione. Si calcolano minuziosamente tutte le calorie, ci si pesa quotidianamente, ci si sfinisce di attività fisica, ci si isola, e tutto questo senza avere percezione del problema.
Come ogni malattia che colpisce la psiche, le cause che la determinano sono assolutamente soggettive, e sarebbe sbagliato generalizzare. Gli specialisti parlano di traumi del passato, cattivi rapporti con la madre, ma non sempre è così. Quel che è certo è che l’anoressia può svilupparsi sia in età adolescenziale che in età adulta, per alcune dopo la menopausa. La sensazione che accomuna tutte queste persone è di disagio, inadeguatezza: non ci si riesce ad accettare, si ha una visione completamente distorta del proprio corpo. Ci si impegna così per raggiungere una sorta di perfezione fisica, che si è disegnata nella propria testa, ma gli obiettivi raggiunti vengono poi sostituiti con altri sempre nuovi, cadendo in una spirale altamente dannosa.
Ma da questa spirale si può uscire. Il primo passo è quello di riconoscere che si è vittime dell’anoressia: le persone anoressiche infatti non sono consapevoli e negano la malattia. E’ dunque necessario il sostegno e l’affetto delle persone care, ancor prima dell’aiuto degli specialisti.
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